Malattia di Wilson nel cane: origine e importanza dei test genetici
La malattia di Wilson nel cane è una rara ma grave patologia metabolica di origine genetica ereditaria, che porta a un accumulo anomalo di rame nel fegato e in altri organi.
Questa patologia è provocata da una mutazione che altera il trasporto del rame all’interno delle cellule epatiche, causando danni progressivi.
Comprendere la natura ereditaria di questa malattia e prevenirne la diffusione attraverso test genetici sui riproduttori è una delle responsabilità più importanti per chi alleva con serietà e rispetto per la vita animale.
Cos’è la malattia di Wilson nel cane e da cosa deriva
La malattia di Wilson (o epatopatia da accumulo di rame) è una malattia genetica provocata da una mutazione nel gene ATP7B – o, in alcune razze, nel gene ATP7A – responsabile del trasporto del rame nelle cellule.
Quando questo meccanismo si interrompe, il rame non viene eliminato correttamente con la bile e si accumula nel fegato, portando a infiammazione cronica, necrosi cellulare e insufficienza epatica.
Non è una malattia congenita nel senso clinico del termine: “congenita” indica una condizione presente alla nascita, anche se non ereditaria.
La malattia di Wilson è invece genetica ereditaria: il cucciolo nasce con la mutazione ma sviluppa i sintomi solo più avanti, quando l’accumulo di rame diventa tossico.
Razze predisposte alla malattia di Wilson
Alcune razze mostrano una predisposizione maggiore alla mutazione ATP7B:
- Bedlington Terrier, razza in cui la malattia è stata identificata per prima;
- Dobermann e West Highland White Terrier;
- Labrador Retriever, in cui la mutazione è stata documentata in diverse linee di sangue;
- Dalmata, Skye Terrier e Springer Spaniel.
La trasmissione segue un modello autosomico recessivo: un cane affetto eredita la mutazione da entrambi i genitori, mentre i portatori sani possono trasmetterla senza mostrare sintomi.
Sintomi e progressione della malattia
I sintomi compaiono in genere tra i 2 e i 6 anni d’età. Tra i più comuni:
- stanchezza e letargia;
- perdita di appetito e dimagrimento;
- vomito, feci chiare e problemi digestivi;
- ittero (colorazione gialla di occhi e gengive);
- in casi avanzati, disturbi neurologici dovuti all’intossicazione da rame.
Molti soggetti restano asintomatici fino a uno stadio avanzato, quando il danno epatico diventa irreversibile.
Da qui l’importanza della prevenzione genetica.
Diagnosi: genetica e indagini veterinarie
La diagnosi richiede una combinazione di analisi:
- esami del sangue per valutare la funzionalità epatica;
- ecografia del fegato;
- biopsia epatica per quantificare l’accumulo di rame;
- test genetici del DNA per identificare la mutazione ATP7B o ATP7A.
I test genetici sono oggi lo strumento più affidabile e meno invasivo per individuare portatori e soggetti affetti, permettendo di intervenire sulla linea di sangue prima che la patologia si manifesti.
Malattia genetica o congenita? Facciamo chiarezza
Nel linguaggio veterinario, la malattia genetica è quella causata da una mutazione ereditata, mentre la malattia congenita è qualsiasi condizione presente alla nascita, anche se non ereditaria.
La malattia di Wilson nel cane è dunque una patologia genetica ereditaria: il gene difettoso è presente nel DNA fin dal concepimento, ma i sintomi si manifestano solo in età adulta.
Questa differenza è cruciale per comprendere che non basta “curare” i sintomi: occorre **prevenire la trasmissione genetica** con test mirati.
I test genetici sui riproduttori: la vera prevenzione
Oggi è possibile individuare la mutazione attraverso un semplice tampone buccale.
I laboratori genetici analizzano il DNA del cane per determinare se è:
- Clear (sano, non portatore);
- Carrier (portatore sano, non manifesta la malattia ma può trasmetterla);
- Affected (affetto, con sintomi clinici).
Un allevatore etico effettua sempre questi controlli prima dell’accoppiamento, evitando di unire due portatori.
In questo modo, è possibile eliminare gradualmente la mutazione dalla popolazione e garantire cuccioli non affetti da questa malattia ereditaria.
Il ruolo dell’alimentazione: le crocchette possono peggiorare il problema
La dieta gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo del rame.
Tutte le crocchette industriali estruse contengono additivi minerali come solfato di rame o rame chelato in quantità superiori al fabbisogno naturale del cane.
Questi composti inorganici, aggiunti per compensare la perdita di nutrienti durante l’estrusione, sono poco biodisponibili e possono accumularsi nei tessuti epatici, soprattutto nei cani predisposti geneticamente.
Un’alimentazione industriale a base di crocchette, somministrata per anni, può quindi aggravare la malattia o anticiparne la comparsa.
Al contrario, una dieta naturale fresca e bilanciata – con ingredienti selezionati e apporto minerale controllato – riduce il carico tossico sul fegato e aiuta a mantenere l’equilibrio del metabolismo del rame.
Un esempio pratico? Evitare alimenti ricchi di rame (come fegato, molluschi e cereali integrali) e privilegiare carni magre, verdure a basso contenuto minerale e integrazioni naturali mirate.
Genetica e nutrizione: due strumenti complementari
La salute non nasce dal caso ma da un insieme di scelte consapevoli.
La selezione genetica evita la nascita di soggetti affetti, mentre la nutrizione naturale e bilanciata sostiene il benessere dei cani sani e dei portatori.
È la sinergia tra scienza e cura quotidiana che crea le basi per generazioni più forti, longeve e felici.
La malattia di Wilson nel cane è una patologia genetica ereditaria che può essere prevenuta attraverso test mirati sui riproduttori e un approccio nutrizionale corretto.
Un allevatore di Labrador che effettua controlli genetici e offre una dieta naturale contribuisce non solo alla salute dei propri cani, ma anche al miglioramento della razza nel suo complesso.
Nel nostro allevamento crediamo che la salute inizi dalla genetica e si mantenga con l’alimentazione naturale.









