Crocchette industriali: vantaggi e svantaggi

Perchè le crocchette fanno male ai nostri amici a quattro zampe?

Le crocchette industriali sono veramente sane ? I mangimi secchi, meglio conosciuti come croccantini o crocchette industriali realizzate con un processo di cottura ad alte temperature (estrusione), sono tra gli alimenti maggiormente consumati da molti animali domestici per diverse motivazioni.

Le crocchette industriali possono sembrare una soluzione molto comoda e pratica per chi è impegnato con il lavoro o non è in grado di preparare autonomamente un pasto casalingo completo per il proprio cane o gatto, tuttavia nascondono molti pericoli e sono, purtroppo, una delle principale causa di patologie nel cane e nel gatto.

Ormai la rete è sommersa da centinaia di marchi, tutti che enfatizzano qualità e proprietà miracolose, moltissimi cibi diversi dai prezzi più disparati e costosi ma se si andasse a leggere la composizione riportata sulle etichette qualcosa non torna.

Ovviamente questa scelta cela molti aspetti negativi, che non vanno sottovalutati: nella maggior parte dei casi le crocchette industriali non risultano l’opzione migliore per l’alimentazione dei nostri cani o gatti, in quanto sono ben lontani dall’essere un pasto equilibrato, sano e di qualità.

Il loro consumo continuato, inoltre, rischia addirittura di metterne a repentaglio il benessere psicofisico. Andiamo quindi ad analizzare nello specifico quali sono le ragioni che dovrebbero spingerci a non nutrire mai il nostro amico a quattro zampe con crocchette estruse.

Per capirci meglio, prima di affrontare questo importante argomento, non esiste una marca migliore di un’altra, non c’è la crocchetta migliore forse la meno peggio ma comunque quello che voglio spiegare e che vale per tutte i marchi (anche famosi e costosi) sono un cibo innaturale per il cane o per il gatto dovuto al processo di produzione ad alte temperature, alle le materie prime di scarsa qualità e alla grande quantità di additivi chimici o tecnologici e conservanti utilizzati.

Esiste anche un’alimentazione naturale molto più sana, biologicamente appropriata alla specie, senza additivi e conservanti, come il cibo che utilizziamo nel nostro allevamento, che rispetta la salute del cane e la sua natura.

Materie prime delle crocchette industriali

La preparazione dei mangimi secchi prevede l’impiego di materie prime che a livello industriale subiscono numerose lavorazioni e sono notevolmente processate; ciò fa sì che il prodotto finito sia ben diverso dagli ingredienti di partenza.

In questo modo si ottengono diversi tipi di farine utilizzate nelle crocchette industriali, come quelle a base di carni di polli (farine di pollo, di pollame e sottoprodotti), carni bovine o suine, a cui viene aggiunta a volte anche la parte ossea; si ricavano così le cosiddette “Meat and bone meal” (MBM), cioè le farine di carne e ossa.

Queste farine derivano dalla triturazione di carni e ossa di animali da allevamento con un’apposita macina, che riduce tutte le componenti in parti molto piccole.

Ciò che si ottiene da questa prima fase viene poi bollito ad alta temperatura per un tempo notevole, che va da qualche ora a qualche giorno, fino a ridurre il tutto ad una miscela liquida dall’aspetto poltiglioso.

La lunga ebollizione provoca la separazione della parte grassa, che forma uno strato superiormente; questa sarà asportata e messa da parte, in quanto è destinata a un diverso uso (usata come appetizzanti e insaporitori).

Tutto ciò che residua sarà poi sottoposto a essiccazione, dando origine a un prodotto dalla consistenza farinacea, molto poco umido e ricco di proteine povere di bassa qualità: sarà questo il principale componente dei mangimi secchi.

La composizione delle farine di origine animale non è sempre la stessa e questo esita in una diversa qualità: ci sono farine peggiori e farine migliori, distinte in base al grado di purezza.

Le “Meat and bone meal” sono considerate quelle di peggiore qualità, trattandosi di farine a base di carni e parti ossee, in cui troviamo gli ingredienti di minor pregio e di scarto.

Nelle crocchette industriali, infatti, è possibile rinvenire:

  • prodotti di scarto delle attività di ristorazione o di vendita al supermercato, come vaschette di carne scadute, non consumate o avariate;
  • capi di bestiame destinati all’allevamento e deceduti per diverse ragioni, che si stavano anche decomponendo per le discutibili condizioni di conservazione;
  • animali non destinabili alla macellazione, in quanto trattati con farmaci tossici per il consumatore, feriti o moribondi;
  • veri e propri scarti di mucche, polli, maiali, pecore o agnelli, che non contengono carne, come tessuto intestinale, splenico, mammario, polmonare, epatico, parti del capo o delle zampe, addirittura lo zoccolo e, nei casi peggiori, animali abortiti, masse tumorali asportate oppure organi chiaramente malati.

Nelle crocchette industriali, quindi, va a finire tutto ciò che non è destinato all’alimentazione umana, reso irriconoscibile dalle numerose ed elaborate lavorazioni, che riducono il tutto in una farina dal colore brunastro, il cui contenuto è un mistero.

Non è possibile, infatti, conoscere con esattezza la reale composizione dei croccantini e le analisi più accurate, effettuate fino ad oggi, hanno in alcuni casi fatto accapponare la pelle.

All’interno dei mangimi secchi analizzati, soprattutto in quelli a base di MBM, sono state trovate tracce di farmaci nocivi per l’animale, tra cui anche barbiturici; in particolar modo è allarmante il riscontro da parte della FDA (Food and drug Administration) del pentobarbital, che viene comunemente utilizzato per provocare l’eutanasia del cane o del gatto quando non c’è più nulla da fare, per alleviarne le sofferenze.

In alcuni casi anche l’impiego d’ingredienti di origine animale di scarto è considerato eccessivamente dispendioso, portando l’azienda produttrice di turno a sostituire la componente animale con farine proteiche di origine vegetale, a base di graminacee o cereali, come le farine di glutine di mais o di soia, con lo scopo di garantire il raggiungimento di un adeguato apporto proteico basale, richiesto dalla legislazione in materia per la messa in commercio.

L’addizione di farine vegetali è comunemente individuabile in moltissime crocchette estruse vendute nei supermercati e in diversi grandi negozi, che commercializzano prodotti alimentari destinati al consumo animale.

Quando decidiamo di nutrire il nostro cane o gatto solo ed esclusivamente con croccantini perdiamo di vista un aspetto importante inerente alla composizione delle crocchette industriali, ossia l’incidenza che il consumo di questi cibi secchi, ricchi di carboidrati, amidi e molto calorici, ha sull’aumento di peso dell’animale, sullo sviluppo di obesità e di tantissime altre patologie.

Le crocchette (estruse) secche aiutano a pulire i denti? Assolutamente FALSO: a causa della loro composizione fatta di amidi e zuccheri lavorati sono la principale causa di tartaro, placca e patologie parodontali.

Le principali patologie che si sviluppano da una cattiva alimentazione industriale a base di crocchette industriali e medicali (renal, obesity, gastrointestinal, ecc…):

  • dissenteria e feci non formate
  • infiammazioni intestinali (IBD)
  • prurito cronico
  • occhi arrossati e lacrimazione eccessiva
  • pelle squamosa e con croste
  • perdita o diradamento del pelo
  • arrossamento o infezione alle orecchie
  • otiti da malassezia
  • dermatiti e piodermiti
  • forfora e pelo maleodorante
  • allergie e malattie della pelle
  • diabete e malattie renali
  • problemi cardiaci

La dieta dei cani e dei gatti, infatti, non necessita di fonti glucidiche, ma di fonti proteiche e, in misura minore, lipidiche. Nella lista degli ingredienti dei comuni croccantini in commercio, invece, troviamo grandi quantità di carboidrati e amidi, che derivano dalle farine vegetali impiegate, nonché un mix di minerali, vitamine e acqua.

Se questi si alimentassero solo con croccantini, si troverebbero ad assumere una quota di zuccheri superiore alle loro necessità e l’introito di calorie sarebbe di sicuro maggiore.

Trattandosi di animali prevalentemente carnivori, gli zuccheri in eccesso andrebbero ad accumularsi sotto forma di lipidi nel loro tessuto adiposo, rendendoli nel corso del tempo obesi ed esponendoli a una serie di patologie, come il diabete e le malattie cardiovascolari.

Quando valutiamo l’acquisto di mangimi secchi per il nostro amico a quattro zampe, un aspetto che dovrebbe ulteriormente farci storcere il naso è il fatto che un prodotto più caro potenzialmente dovrebbe contenere materie prime migliori, ma così non è.

Il prezzo, infatti, nel caso dei croccantini non è un parametro discriminante nella scelta, in quanto non è sempre specchio della qualità di un mangime, sebbene sia intuibile che da prodotti che costano davvero poco non ci si possa aspettare una buona composizione.

La realizzazione di un mangime secco, infatti, comporta per il produttore delle cospicue spese da affrontare, dovute all’acquisto delle materie prime, alla retribuzione del personale impiegato a vario titolo nella filiera produttiva, ai costi di produzione legati alle numerose lavorazioni industriali necessarie, ai costi di confezionamento, spedizione, distribuzione e immissione in commercio.

A queste si aggiunge la cifra che i vari distributori chiedono alle aziende produttrici per continuare a esporre e commercializzare i loro prodotti per un periodo di tempo sufficiente.

Di conseguenza, un mangime secco che a stento arriva a costare 3 euro al chilogrammo, a fronte dei 5 euro al chilogrammo di un prodotto biologico privo di cereali, per poter garantire un guadagno a chi lo produce, non può contenere materie prime di qualità.

Ci sono poi i costi per la pubblicizzazione, che incidono moltissimo sul prezzo finale del prodotto. Nel corso di numerose analisi qualità/prezzo è emerso che alcuni degli alimenti secchi dal costo maggiore dovevano questo sovrapprezzo non alla composizione di miglior pregio (materie prime biologiche e naturali, assenza di cereali), ma alla maggiore pubblicizzazione che le aziende produttrici avevano messo in atto, investendo molti soldi.

In moltissime circostanze, inoltre, era stata realizzata una pubblicità ingannevole, dato che i mangimi sponsorizzati risultavano in fin dei conti di qualità scadente.

Questi si presentavano poveri di carni e ricchi di amidi o scarti e non adatti allo scopo per cui erano stati ideati, facendo sì che l’acquirente si sentisse beffato, oltre che danneggiato dal pagamento di cifre spropositate, vicine alla decina di euro al chilogrammo (questo è il costo della linea ipoallergenica della Hill’s, la cui composizione è decisamente discutibile).

Perchè le crocchette industriali fanno male al cane

Perché le crocchette industriali fanno male al cane

La cottura ad alte temperature altera le materie prime

Come abbiamo visto, la produzione dei croccantini richiede un processo laborioso, che riduce le materie prima, sia animali che vegetali, in vari tipi di farine ricche di proteine.

Queste ultime subiscono poi un’ulteriore lavorazione, finalizzata all’ottenimento di una miscela appiccicosa ricca di amido che, mediante pressatura e in seguito al passaggio attraverso un apposito macchinario, acquisisce il caratteristico aspetto del mangime secco, variabile in base alle scelte e alle esigenze delle aziende produttrici.

Nel dettaglio, per ottenere un croccantino è necessario che la miscela sia fatta fuoriuscire da erogatori dall’aspetto tubulare, al cui interno la temperatura e la pressione sono davvero notevoli.

La parte finale degli erogatori varia in base alla grandezza e alla forma che si vuole ottenere, che sono regolate anche grazie a un dispositivo affilato; questo ruotando va a tagliare l’amalgama che esce dal macchinario in piccoli pezzi, che vanno poi a costituire il mangime finito.

Non è difficile immaginare come una pressione e una temperatura così elevate possano incidere negativamente sul valore nutrizionale delle materie prime. Sebbene, infatti, in alcuni casi vadano ad aumentare la digeribilità dei componenti fibrosi di origine vegetale, lo stesso non si può dire della componente proteica.

Questa, infatti, va incontro a un processo di denaturazione decisamente deleterio, che ne riduce del tutto la digeribilità e ne altera enormemente l’aspetto molecolare. Tale mutamento non è innocuo, in quanto incide notevolmente sull’aumento che si verifica al giorno d’oggi dell’incidenza di allergie alimentari nei cani e nei gatti.

Il loro organismo, infatti, non riconosce queste strutture proteiche alterate e monta contro di esse una risposta immunitaria esagerata rispetto alla loro nocività.

Il raggiungimento di una temperatura fin troppo elevata, infine, danneggia anche la funzionalità pancreatica dei nostri amici a quattro zampe, poiché durante la lavorazione causa la distruzione della componente proteica enzimatica, deputata allo svolgimento d’importantissime funzioni, come quella digestiva.

In seguito a ciò, il tessuto pancreatico dei nostri animali può seriamente essere messo a dura prova, nel tentativo di mettere in atto un meccanismo compensatorio per far fronte alla distruzione enzimatica.

Ciò stressa non poco questo delicato organo, che può aumentare notevolmente le sue dimensioni ed essere interessato, nel peggiore dei casi, da processi a carattere infiammatorio, come pancreatite acute o croniche, che possono minare la sopravvivenza del cane o del gatto.

Un eccesso di cereali porta allergie

Nel cibo industriale secco (crocchette estruse) il livello di amidi e carboidrati arriva anche al 70% sotto diverse forme: alla fine state comprando mangime per galline e lo pagate pure tanto!

I glucidi, anche noti come idrati del carbonio o carboidrati, sono un comune ingrediente delle crocchette di qualsiasi marca, ma sono tutt’altro che vantaggiosi per il nostro piccolo amico. Tra i glucidi sono annoverati diversi tipi di composti, che variano dagli zuccheri semplici a quelli aventi delle strutture molecolari dalla complessità maggiore.

Fa parte di questa categoria anche la fibra, che viene sintetizzata dalla cellula vegetale con lo scopo di rafforzare e aumentare la rigidità della componente parietale esterna alla membrana cellulare, favorendone in questo modo l’accrescimento in senso verticale.

I nostri animali domestici, purtroppo, non dispongono della tipologia di enzima indispensabile per l’assimilazione della componente fibrosa, ossia la cellulasi, che va a scomporre e rendere digeribile la cellulosa.

Il cane e il gatto, infatti, devono seguire un regime alimentare carnivoro, in cui la quota proteica deve essere ben rappresentata, scegliendo principalmente una tipologia di alimento umida.

Basti pensare che questi animali, quando non sono addomesticati, riescono a sopravvivere nutrendosi di selvaggina o di topi, che contengono moltissime proteine e pochi glucidi.

Tra questi ultimi c’è il glicogeno, che è il tipo di struttura molecolare attraverso la quale gli zuccheri sono stipati nel fegato principalmente e nei muscoli, a mo’ di riserva da utilizzare all’occorrenza.

Poi ci sarebbero i glucidi che si trovano a livello intestinale dell’animale predato, derivanti dai residui non ancora assimilati del suo pasto, che rappresentano una quota decisamente trascurabile. Sulla base di ciò, uno dei regimi alimentari maggiormente supportati dagli esperti del settore veterinario è la dieta Atkins, basata principalmente sull’assunzione di protidi e lipidi, mentre l’esigua quota glucidica è costituita esclusivamente da zuccheri dalla struttura complessa, contenuti nella verdura addizionata al pasto.

I cibi secchi, al contrario, sono ricchissimi di glucidi, che ammontano a circa un terzo del totale del prodotto finito, sebbene in alcuni casi ci possano essere dei valori più bassi.

Questa scelta deriva da ragioni di ordine pratico, dato che gli amidi conferiscono al prodotto finale la caratteristica consistenza compatta, ma soprattutto da motivazioni di natura economica.

Le proteine, infatti, hanno un costo superiore, mentre i carboidrati sono indubbiamente meno cari. Da ciò si può presumere che in un pacco di croccantini che viene venduto a pochi euro ci siano tanti glucidi, ma come visto prima anche i mangimi più costosi riservano delle brutte sorprese.

Ci si chiede spesso se il cane sia un animale carnivoro e la stessa domanda vale anche per il gatto.

Per quanto riguarda il cane, si tratta di un carnivoro opportunista, cioè in grado di nutrirsi sia di fonti animali che vegetali.

L’assunzione di fondi glucidiche, però, richiede la loro trasformazione in forma semplice e non deve essere in quantità eccessiva; se tali carboidrati, infatti, non sono necessari nell’immediato al fabbisogno energetico o se i depositi di glicogeno nel fegato e nei muscoli sono già saturi, inevitabilmente verranno convertiti in adipe, ma se così non fosse avranno senza dubbio la loro utilità.

Diverso è il discorso per il gatto, che è un carnivoro stretto a tutti gli effetti, in quanto non dispone della componente enzimatica necessaria per mettere in atto la trasformazione dei carboidrati ingeriti in glicogeno.

È fondamentale, dunque, che il nostro gatto si nutra principalmente di protidi e di lipidi, mentre la quota glucidica assunta deve essere trascurabile. Questo non significa che i gatti non possano nutrirsi di carboidrati, ma dobbiamo essere consapevoli che inevitabilmente la maggior parte di essi sarà trasformata in adipe.

Al giorno d’oggi, riferendosi ad alimenti ricchi di glucidi, si sente spesso parlare d’indici glicemici, a volte non comprendendone il reale significato. Tali indici ci consentono di fare una stima della velocità d’innalzamento della glicemia ematica, dopo l’assunzione di un determinato alimento.

I glucidi o carboidrati, rispetto ad altre macromolecole biologiche, presentano degli indici glicemici più elevati, variabili in base alla tipologia di carboidrato, e da ciò ne deriva un più rapido aumento del livello di glucosio nel sangue e un conseguente picco insulinico, dovuto alla secrezione di questo ormone endocrino da parte della ghiandola pancreatica.

Questo picco d’insulina è indispensabile per far sì che la quota glucidica assunta possa a tutti gli effetti essere utilizzata a livello cellulare, in quanto, in caso contrario, anche se il glucosio fosse presente nel sangue in grandi quantità, non sarebbe in grado di entrare nella cellula e fungere da approvvigionamento energetico.

L’altissima temperatura raggiunta nei processi produttivi descritti si rivela anche in questo caso deleteria, in quanto in grado di innalzare di parecchio gli indici glicemici delle fonti glucidiche impiegate, facendo sì che alcuni dei cereali che maggiormente rinveniamo nelle crocchette, come il mais, abbiano indici glicemici paragonabili a quelli di temibilissimi alimenti spazzatura, come la cioccolata.

Ciò dovrebbe preoccupare non poco i proprietari di animali che mangiano croccantini, soprattutto se si pensa che alcuni hanno la malsana abitudine di nutrirli più volte al giorno oppure di lasciare il cibo sempre alla loro portata, in modo che possano alimentarsi ogni qualvolta lo desiderino.

Non c’è nulla di più sbagliato in ciò, dato che tale comportamento errato affatica non poco il pancreas del cane e del gatto, portando a ripetuti innalzamenti del picco glicemico ematico, cui conseguono ripetuti picchi insulinici.

Un eccessivo rilascio d’insulina è decisamente deleterio per il nostro cane o gatto, in quanto nel corso del tempo causa una riduzione della risposta cellulare a questo ormone, determinando l’instaurarsi di uno stato di resistenza insulinica, in cui l’insulina c’è, anche in eccesso, ma non ha effetto sui recettori della cellula.

Non è un caso, dunque, che negli animali che abitualmente si nutrono di mangime secco di scarsa qualità si riscontri un aumento dell’incidenza dei casi di diabete di tipo II, anche noto come diabete alimentare.

Questo dato non deriva da una relazione di causalità diretta tra l’assunzione di croccantini e lo sviluppo del diabete, ma dal fatto che un’alimentazione a base di cibi secchi sembra favorire la comparsa della cosiddetta “metabolic syndrome”, una condizione associata all’obesità che rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo successivo della malattia diabetica.

Un altro effetto dell’aumento dell’attività pancreatica è una massiccia secrezione di bicarbonati, il cui scopo è contrastare l’acidità gastrica, indispensabile per la digestione degli alimenti assunti.

Da ciò ne scaturisce un’eccessiva alcalinizzazione del nostro organismo, con conseguente aumento della formazione di calcoli, detta calcolosi urinaria o urolitiasi, e della formazione di cristalli, conosciuta come cristalluria.

Le crocchette sono eccessivamente caloriche

Purtroppo, il consumo crocchette è ampiamente diffuso: per alcuni cani e gatti si tratta dell’unica tipologia di alimento di cui si nutriranno per tutta la loro esistenza, ma questo ha un prezzo.

Da scelte alimentari sbagliate e da uno stile di vita sedentario ne consegue che più della metà degli animali domestici in Italia risultano in sovrappeso, presentando una condizione fisica che varia da qualche chilogrammo in più a una vera e propria obesità conclamata.

Un peso eccessivo, sebbene possa apparentemente rendere il nostro cane o gatto buffo e simpatico, di fatto gli arrecherà nel corso del tempo non poche problematiche, peggiorando notevolmente la sua qualità di vita, accorciandone la durata e predisponendolo allo sviluppo di tutta una serie di affezioni.

Tra queste ricordiamo la sindrome metabolica, la malattia diabetica, la calcolosi, le alterazioni epatiche, i disordini digestivi, le patologie osteoarticolari e la tanto temuta patologia tumorale, che trova nella “meta-infiammazione”, ossia lo stato infiammatorio cronico associato alla sindrome metabolica, un terreno fertile.

Non vanno poi sottovalutate tutte quelle malattie legate alle alterazioni dei normali meccanismi dell’immunità, come le allergie, le intolleranze alimentari e le patologie autoimmuni, che negli ultimi anni presentano un’incidenza in continua crescita, spesso a causa delle modificazioni del microbiota intestinale, causate in gran parte dalle abitudini alimentari sbagliate.

Non dobbiamo, quindi, farci intenerire dai nostri pelosi nel momento in cui cercano di ottenere qualche spuntino in più, in quanto nutrire in eccesso i nostri animali domestici è quanto di più sbagliato ci sia, soprattutto se si sceglie di somministrare un cibo poco sano come la maggior parte delle crocchette in vendita, che sono ricchissime di calorie.

Un animale obeso, infatti, è a tutti gli effetti candidato allo sviluppo delle più disparate malattie, che si aggiungono a quelle già citate prima, tra cui troviamo:

  • l’ipertensione arteriosa con conseguente patologia cardiovascolare;
  • le patologie d’interesse dermatologico a carico della cute e degli annessi cutanei, come dermatiti e alterazioni del manto, che può perdere di lucentezza, può apparire sfibrato e nei casi più gravi può presentare aree alopeciche;
  • le IBD, ossia “inflammatory bowel diseases”, termine che indica le patologie infiammatorie intestinali;
  • le alterazioni dell’alvo, come la diarrea e la stitichezza;
  • la patologia asmatica e allergica;
  • il vomito;
  • la steatosi epatica, che può nel tempo portare a una grave compromissione della funzionalità del fegato, e altre dislipidemie.

I croccantini non assicurano l’idratazione necessaria

I cibi secchi, come possiamo intuire dalla denominazione, non risultano abbastanza umidi e questa loro caratteristica appare problematica in particolar modo per i gatti.

Per comprendere il perché di ciò bisogna rifarsi al fatto che i primi esemplari, che vivevano prevalentemente in aree desertiche, erano soliti abbeverarsi molto di rado.

Per questo motivo, nel corso dell’evoluzione, l’efficienza renale del gatto si è affinata notevolmente, per cercare di ottimizzare lo scarso contenuto idrico cui poteva attingere con l’alimentazione.

Il gatto manifesta, quindi, rispetto al cane, una minore necessità di bere, che si rende palese solo quando è praticamente quasi disidratato al 3%, raggiungendo dei valori che potenzialmente renderebbero necessario il reintegro endovenoso mediante fleboclisi di quanto è stato perso.

Il cane, al contrario, raramente rischia di disidratarsi, dato che tende ad abbeverarsi molto più spesso, avendo un senso della sete maggiore.

Il consumo di mangimi secchi, quindi, tende a creare danni maggiori nei gatti rispetto ai cani, anche se questi ultimi comunque possono disidratarsi quando sono in età avanzata, trattandosi di una fase della vita che comporta una fisiologica riduzione del desiderio di bere.

Un animale disidratato va tenuto sotto controllo poiché rischia di sviluppare principalmente affezioni a carico dell’apparato urinario, come la calcolosi, la cristalluria, la cistite, le malattie del tratto urinario inferiore, e può soffrire di stipsi cronica, una condizione che lo espone allo sviluppo di emorroidi.

Materie prime usate nei mangimi secchi

La reale composizione dei croccantini, come accennato, è fonte di preoccupazione, in quanto nella forma in cui si presentano è molto complicato capire con esattezza cosa contengano.

Ciò che spaventa è che la maggior parte delle materie prime adoperate, oltre a non poter vantare una qualità eccelsa, possono presentare una contaminazione da parte di micotossine, che le rende nocive per la salute dell’animale.

Questo può comportare delle spiacevoli conseguenze, dato che da accurate analisi è emerso che molte delle fonti di origine vegetale impiegate, soprattutto graminacee, mais e simili, presentano un contenuto fin troppo elevato di composti organofosforici ad azione pesticida e antiparassitaria e di composti ad azione fertilizzante.

Tali prodotti chimici, infatti, tendono a permanere su alcune verdure e graminacee, rendendole non commestibili per l’uomo, ma di fatto utilizzabili per la preparazione dei mangimi per i cani e i gatti, senza infrangere la legge.

La legislazione di ciascuno stato in materia è variabile ed è bene tener presente che vi sono degli Stati in cui non si effettua neanche la ricerca di tali composti nocivi, che potrebbero tranquillamente andare a contaminare anche quella parte del raccolto consumata dagli esseri umani.

Non destano meno timore le fonti animali utilizzate, che in alcuni casi consistono in carcasse, capi di bestiame vicini alla fine, estremamente malati o imbottiti di farmaci.

Nei mangimi secchi in commercio, infatti, ci sono tracce di composti tossici decisamente pericolosi per i nostri animali, che non sempre riescono a essere eliminati mediante le alte temperature raggiunte nel processo produttivo.

Vi sono tantissimi contaminanti che possono danneggiare il cane o il gatto, tra cui alcuni composti farmacologicamente attivi, somministrati ai capi di bestiame macellati per la produzione delle crocchette sia nel corso della loro esistenza, in quanto affetti dalle più disparate condizioni morbose, sia in punto di morte, per ottenerne l’abbattimento, come il citato pentobarbital.

Quest’ultimo, al pari degli antibiotici beta-lattamici come le penicilline, permane immutato nei tessuti dell’animale e si ritrova nei croccantini. Si tratta solo di un esempio dei numerosissimi farmaci che vengono di frequente dati agli esemplari allevati e destinati al macello.

Le molecole ad azione antibiotica, poi, sono in grado di determinare, negli animali che si nutrono delle carni contaminate e anche nell’uomo stesso, lo sviluppo della cosiddetta “antibiotico-resistenza”, che rende chi l’acquisisce resistente all’azione del farmaco in questione e di altri appartenenti alla stessa categoria; ciò rende necessario l’utilizzo di un farmaco alternativo e crea non pochi problemi nella definizione di un adeguato ed efficace protocollo terapeutico.

Se si pensa che molti dei capi macellati sono malati, è semplice intuire che la loro carne e il loro organismo possa essere stato contaminato e indebolito da processi infettivi a eziologia batterica e virale.

Molte aziende produttrici prive di scrupoli fanno finire nei croccantini carni di ogni tipo (insieme a ossi, cartilagini e frattaglie) provenienti da animali non in salute, che in alcuni casi arrivano al macello quando oramai è già iniziato il processo di decomposizione, che comporta di per sé un incremento della crescita batterica.

Tra i microrganismi che possono contaminare i capi di bestiame vi sono anche l’Escherichia Coli e diversi ceppi di Salmonelle, la cui provenienza è da attribuirsi alla colonizzazione batterica del sistema gastrointestinale dell’animale e alla repentina crescita e diffusione ai tessuti vicini, in seguito alla putrefazione dell’animale.

Le Salmonelle vanno particolarmente attenzionate, dato che possono andare a contaminare alcuni aromatizzanti con i quali si vanno a insaporire le crocchette (possono anche causare eccezionalmente malattia negli addetti alla manipolazione dei mangimi secchi).

Si tratta, quindi, di microrganismi molto pericolosi, che pare vadano ad alterare circa la metà della farina di origine animale adoperate.

Inoltre, sebbene la maggior parte dei batteri possa essere uccisa dall’elevata temperatura che si tocca durante i vari step della produzione, questo non vale per alcune delle tossine batteriche che essi producono e rilasciano, che non sono termolabili, bensì termostabili.

Permanendo inalterate nel prodotto finito, tali sostanze, la cui presenza non è accertata dalla maggior parte dei produttori, mettono a rischio il benessere del nostro amico a quattro zampe, arrecandogli fastidi non trascurabili e provocando, in alcuni casi, l’instaurarsi di veri e propri stati patologici.

Le tossine, soprattutto quelle prodotte dai miceti, possono contaminare anche le materie prime di origine vegetale. Il micete o fungo, presente anche in forma di muffa, è in grado di produrre la “Micotossina”, una sostanza ad azione tossica.

L’ammuffimento di molti prodotti agricoli è il frutto di diverse concause, come un’eccessiva umidità, legata al particolare clima del periodo oppure presente negli ambienti in cui avviene la conservazione, errori nel processo di essiccazione oppure una contaminazione successiva.

Sono maggiormente esposti al rischio di essere contaminati dalle muffe le graminacee e il mais, ma anche le farine di origine ittica.

Non si tratta di un qualcosa di trascurabile o poco nocivo, in quanto alcune micotossine sono potenzialmente capaci di provocare la morte del nostro animale da compagnia, nei casi più gravi, e di farlo ammalare, nei casi meno gravi.

Tra queste spiccano le Aflatossine, prodotte da alcune specie di Aspergillus, che possono contaminare i croccantini, uccidendo numerosi animali e ledendo anche l’uomo stesso, in quanto l’Aflatossina B1 è cancerogena soprattutto per il fegato umano.

Cancerogeni sono anche gli MRP, ossia Maillard Reaction Products, la cui formazione è dovuta ad una reazione chimica, in cui si ha l’interazione a 120°C tra alcuni carboidrati e l’aminoacido Asn, molto presente nella patata e nel grano.

Questa elevata temperatura si raggiunge tranquillamente durante la preparazione dei croccantini, in particolar modo nella fase in cui, insieme alla pressione elevata, contribuisce a dargli la loro tipica forma, ed in molti casi viene anche superata abbondantemente.

Da ciò ne scaturisce la formazione di prodotti che conferiscono al mangime secco un sapore migliore, che lo rende maggiormente appetibile. La reazione di Maillard, però, va a diminuire la disponibilità di alcuni importanti aminoacidi come la Lisina e la Taurina, oltre a liberare alcuni prodotti potenzialmente cancerogeni e nocivi.

Questa presunta cancerogenicità è condivisa anche dall’acrilammide, un’altra sostanza la cui genesi è conseguente al raggiungimento di alte temperature.

Infine, un argomento di cui si discute da tempo e che interessa anche il settore dei mangimi per animali è rappresentato dagli Organismi Geneticamente Modificati, meglio conosciuti con l’acronimo O.G.M.

Il timore principale, come suggerito da numerosi studi condotti nel corso degli ultimi anni, riguarda gli effetti del loro consumo sulla salute dell’essere umano, ma anche su quella degli animali, i cui alimenti confezionati sempre più spesso contengono O.G.M.

Molti dei cereali e delle farine vegetali adoperati nella produzione di croccantini oppure nell’alimentazione degli animali di allevamento che finiscono in essi (soia, mais, farina di semi di cotone), contengono sostanze chimiche come i gliofosfati, che sembra siano dannose.

Tale nocività pare comporti lo sviluppo di alterazioni della struttura e funzionalità del fegato e dei reni, cui si associa anche un potenziale e temibilissimo effetto cancerogeno.

Nella maggior parte dei casi, i cereali utilizzati dalle aziende produttrici, tranne quando non sia specificato diversamente, potrebbero contenere O.G.M e, in particolare, gliofosfati, in quanto molto di rado queste adoperano prodotti biologici.

Le crocchette industriali contengono conservanti e additivi chimici

Un sacco di croccantini può essere consumato per moltissimi mesi, senza che vada incontro al normale processo di deterioramento degli alimenti.

Questa è una chiara spia del fatto che al suo interno sono stati aggiunti degli additivi chimici (tecnologici) o naturali ad azione conservante.

Tali sostanze, oltre a garantirne la commestibilità per un periodo di tempo molto ampio, che spesso supera l’anno e mezzo, rendono i croccantini maggiormente adatti a essere trasportati e conservati dai distributori fino all’immissione in commercio.

L’aggiunta di additivi per prolungarne la conservazione, invece, non è necessaria per il mangime umido, che è contenuto nelle apposite lattine o in altri contenitori, il cui scopo è evitare che l’alimento venga a contatto con l’ossigeno dell’aria e si ossidi, perdendo così la freschezza e la qualità richieste.

Nelle crocchette è la componente lipidica che rischia maggiormente di deteriorarsi e d’irrancidirsi, richiedendo l’addizione di sostanze di origine naturale o artificiale, atte a conservarne inalterata la composizione.

I principali additivi conservanti di origine chimica che possono essere impiegati in piccole dosi sono il glicole propilenico, o 1,2-propandiolo, il butilidrossitoluene, o BHT, il butilidrossianisolo, o BHA, il propile gallato e l’etossichina, anche nota come E324.

Queste sostanze chimiche svolgono principalmente un’azione antiossidante e, di conseguenza, conservante, ma vi sono moltissimi interrogativi senza risposta circa il fatto che potrebbero essere cancerogene, soprattutto in grandi quantità.

Anche per quanto riguarda l’alimentazione umana, è sempre più frequente l’immissione in commercio di prodotti ricchi di additivi, utilizzati per aumentarne la conservazione, ma anche per migliorarne il sapore.

Tuttavia, nel caso dei cani o dei gatti, non sempre i proprietari si preoccupano di diversificare le fonti di nutrimento e molti alimentano i loro amici a quattro zampe sin dalla tenera età solo con croccantini, sovente di qualità scadente.

Le varie sostanze aggiunte alle crocchette potrebbero interagire tra di loro con effetti non ben noti e risultare tossiche, soprattutto se mangiate quotidianamente e in grande quantità.

Già si sa, ad esempio, che il glicole propilenico, utilizzato nelle scatolette per mantenere più a lungo la morbidezza dei bocconcini, non va aggiunto ai prodotti alimentari destinati al consumo felino, in quanto è in grado di causare anemizzazione nei gatti; lo stesso non vale per i mangimi ideati per il cane, in cui tale composto continua a essere impiegato.

Desta preoccupazione poi, sia per l’essere umano sia per il suo più fidato amico, la potenziale cancerogenicità di alcuni degli additivi citati prima, come l’etossichina, il butilidrossitoluene ed il butilidrossianisolo, che attualmente possono ancora essere impiegati senza violare la legge, se si rispettano dei limiti prefissati.

In molti casi anche alcuni specialisti del settore veterinario consigliano dei prodotti che contengono tali sostanze, dimenticando o ignorando che, soprattutto per quanto concerne gli animali domestici, non sono stati ancora condotti degli studi accurati in materia.

Restano tutt’ora un mistero, quindi, le reali conseguenze che un consumo continuato potrebbe avere sul loro benessere psicofisico.

Una cattiva alimentazione danneggia fegato e pancreas

Uno degli organi che risente maggiormente di un’alimentazione non di qualità è il fegato, che svolge numerose e complesse funzioni, tra cui ricordiamo le cosiddette “reazioni di detossificazione”.

Lo scopo di queste ultime, che sono classificate in reazioni di tipo I e di tipo II, è di rendere idrosolubili e, quindi, eliminabili mediante la minzione, sostanze che di per sé non lo sono, come farmaci e moltissimi tossici.

Oltre a ciò, ha un ruolo essenziale anche per quanto concerne la difesa immunitaria e il processo digestivo, essendo la prima stazione attraverso cui transita la massa ematica proveniente dagli organi digerenti.

Un’altra importantissima funzione della ghiandola epatica è rappresentata dalla sintesi proteica, che assicura adeguati livelli di albumina, di fattori della coagulazione e di fattori del complemento, aventi un importantissimo ruolo nella difesa immunitaria. A livello epatico avviene anche la sintesi del colesterolo, a partire dal quale si ottengono fondamentali ormoni, e la produzione della bile da parte degli epatociti.

Quest’ultima nell’intervallo tra i pasti sarà immagazzinata e concentrata nella colecisti, o cistifellea, per poi essere rilasciata a livello duodenale durante il processo digestivo, a cui partecipa emulsionando la componente lipidica e facendo così in modo che possa essere assorbita.

Una spiccata attenzione va riservata alla funzionalità epatica dei felini, in quanto il fegato del gatto può risentire delle possibili modificazioni delle sue abitudini alimentari, come un cambio di alimentazione troppo repentino.

Il digiuno, ad esempio, può stressare non poco la sua ghiandola epatica, poiché, affinché l’animale possa avere l’energia sufficiente per sopravvivere, deve attingerla dall’adipe, andando a mobilizzare i grassi che costituiscono il tessuto adiposo.

Questi, però, verranno richiamati dalla circolazione nel fegato e stipati negli epatociti, la cui corretta funzionalità potrebbe essere messa a dura prova anche in maniera seria, se la quantità di lipidi immagazzinati diventa notevole.

Si potrebbe realizzare uno stato di steatosi epatica, che progressivamente andrebbe a compromettere del tutto le normali funzioni dell’organo, provocando nei casi più gravi la morte del nostro animale domestico.

La steatosi epatica, quindi, è una patologia non trascurabile: il gatto obeso e abituato a nutrirsi principalmente di crocchette ha una probabilità sensibilmente maggiore di ammalarsi di questa insidiosa affezione.

Un eccesso di cibo secco danneggia l’apparato urinario

Il cane e il gatto nel corso della loro esistenza possono soffrire di patologie a carico dell’apparato urinario, che vanno ad acuirsi con il raggiungimento di un’età avanzata.

Tuttavia, i proprietari non sono impotenti dinanzi allo sviluppo di tali malattie, dato che l’alimentazione stessa potrebbe contribuire al manifestarsi o al peggioramento di affezioni urinarie.

I croccantini, infatti, non solo acuiscono, ma causano anche molte di queste condizioni patologiche, in particolar modo i cosiddetti “Feline lower urinary tract disorders”, o FLUTD, denominazione che racchiude un insieme di malattie, tra cui la cistite, la calcolosi urinaria e la cristalluria.

Nel primo caso, ossia la cistite, a essere infiammata è la vescica urinaria, un organo cavo in cui si raccoglie l’urina prodotta dai reni.

Questa condizione infiammatoria nella maggior parte dei casi non ha un’eziologia nota nel gatto, trattandosi di un’infiammazione sterile in cui non è possibile riscontrare la presenza di un agente causale di natura batterica.

Tuttavia, quando con l’avanzare degli anni il sistema immunitario dell’animale tende a perdere colpi, i microrganismi batterici possono prendere il sopravvento e causare una cistite batterica, soprattutto se il gatto soffre della patologia diabetica.

La calcolosi urinaria è un’altra forma di FLUTD, che si riscontra però con una frequenza minore, pari a circa 1/5 dei casi. Si vanno a formare delle vere e proprie pietre dalla composizione variabile, la cui formazione risente dell’alta concentrazione delle urine, che favorisce la precipitazione e la coesione dei sali minerali in eccesso, responsabili della creazione del calcolo.

La calcolosi può variare in base al tipo di sostanza coinvolta nella genesi del calcolo: nel gatto troveremo nel 50% dei casi calcoli di ossalato di calcio e nell’altro 50% calcoli di struvite, un fosfato idrato di ammonio e magnesio.

I primi richiedono un intervento chirurgico per effettuarne la rimozione, mente i secondi in alcuni casi possono ridursi se si fa seguire all’animale un adeguato e controllato regime alimentare, in cui le crocchette vanno assolutamente bandite.

Lo stesso meccanismo alla base della calcolosi è responsabile della cristalluria. Quest’affezione può colpire sia il cane che il gatto, presentandosi in forma più variabile nel primo, in cui possono formarsi diverse tipologie di cristalli.

La cristalluria è tra le principali cause di alterazione della funzionalità urinaria, arrivando a impedire in alcuni casi all’animale di urinare. Colpisce principalmente gli esemplari di sesso maschile, in cui si realizza una vera e propria otturazione a livello uretrale, provocata dall’accumulo dei cristalli frammisti a una sostanza dall’aspetto mucoso.

Le patologie appena viste, quindi, non sono solo a carico dei felini, ma possono colpire anche il cane, che può soffrire di cistite principalmente a eziologia batterica, a causa della frequente dipendenza dal padrone per poter espletare i propri bisogni fisiologici.

Ciò fa sì che spesso trattenga a lungo l’urina, favorendo la proliferazione batterica, che non è contrastata dal deflusso urinario; questo rappresenta la più semplice ed essenziale difesa dalle infezioni batteriche della vescica, in quanto impedisce ai microrganismi di aderire alle cellule vescicali e d’innescare un processo patologico.

Per scongiurare l’insorgenza di una cistite dobbiamo far bere il nostro amico a quattro zampe di frequente, in modo che il continuo passaggio delle urine neoformate attraverso le vie urinarie tenga a bada la crescita batterica e, al contempo, riduca anche notevolmente il rischio di sviluppare una calcolosi o una cristalluria.

Ancora una volta nutrire i nostri animali con un cibo fresco per cani senza conservanti e additivi è la scelta più sensata, rispetto all’alimentazione con i soli croccantini, che favorisce la disidratazione a causa della loro scarsissima umidità, che causa l’emissione di urine dall’alto peso specifico e molto concentrate.

Per quegli animali che soffrono di cistiti recidivanti, è imperativa l’adozione di un regime alimentare appositamente studiato per garantire il mantenimento della corretta idratazione, basato sulla somministrazione di prodotti dalla alta umidità e sulla disponibilità di acqua sempre pulita, per consentirgli di abbeverarsi ogni qualvolta lo desiderino.

Il cibo troppo lavorato predispone allo sviluppo di patologie allergiche

I numerosi studi condotti nel corso degli anni, per conoscere in maniera sempre più approfondita i meccanismi alla base dell’immunità, hanno notevolmente rivalutato il ruolo svolto nella difesa del nostro organismo dal GALT, ossia il tessuto linfoide associato alla mucosa gastrointestinale.

A livello del sistema gastrointestinale si realizza l’incontro tra tutta una serie di sostanze e microrganismi provenienti dall’esterno e il nostro sistema immunitario; ciò contribuisce notevolmente ad affinare la capacità di quest’ultimo di scovare potenziali nemici, a volte anche in maniera eccessiva.

Alcune delle sostanze ritenute pericolose, infatti, in realtà non sono dannose, ma sono percepite come tali: si tratta dei cosiddetti “allergeni”.

La denaturazione proteica, provocata dall’alta temperatura raggiunta durante la produzione delle crocchette, determina la formazione di protidi con importanti alterazioni strutturali, che non sono tossici, ma non vengono più riconosciuti come propri (self), bensì come estranei (non self).

Ciò comporta l’attivazione ingiustificata dei meccanismi dell’immunità, che causa il rilascio d’immunoglobuline, in grado d’individuare e legare tali proteine aberranti.

Se si verifica un successivo incontro con queste, le immunoglobuline possono innescare patologie infiammatorie, patologie allergiche e, nei casi più gravi, reazioni anafilattiche potenzialmente fatali.

A fronte dell’insorgenza di questi disturbi, i nostri animali potrebbero presentare diverse problematiche, come una maggiore tendenza a vomitare il cibo ingerito, inappetenza e, talvolta, vere e proprie scariche diarroiche, vedendo inficiata decisamente la loro qualità di vita.

È principalmente il gatto a vomitare più spesso e ciò non dipende solo dalle palle di pelo, ma è lo specchio in molti casi dell’instaurarsi di un processo allergico oppure di una patologia infiammatoria intestinale con decorso cronico.

È bene sempre distinguere tra le allergie alimentari e le intolleranze alimentari, in quanto i meccanismi alla base sono diversi tra loro, anche se in molti casi la sintomatologia risulta sovrapponibile.

Nel primo caso si realizzerà l’attivazione dell’immunità, con conseguente produzione di IgE, mentre nel secondo caso generalmente non ci sono meccanismi immunitari alla base, in quanto il nostro organismo reagisce in maniera anomala verso una sostanza estranea contenuta nel cibo, come un additivo, sia esso conservante o colorante, ma senza il coinvolgimento dei meccanismi dell’immunità.

I protidi, in particolare se anomali, sono tra i principali allergeni e tale caratteristica è condivisa sia da quelli di origine animale sia da quelli di origine vegetale.

In ogni caso, che si tratti di un’intolleranza alimentare o di un’allergia alimentare, entrambe presentano una maggiore incidenza nei cani e nei gatti che abitualmente si nutrono di croccantini, per cui è preferibile evitare di alimentarli solo con i mangimi secchi e ricorrere a un opportuno protocollo dietetico, sia a scopo preventivo sia nel caso in cui si manifestino tali disagi, da concordarsi con il proprio veterinario o allevatore di fiducia.

Allora quali sono i migliori alimenti per i nostri amici a quattro zampe?

Alimentazione 100% naturale per Labrador

Finora ci siamo soffermati sulle ragioni per le quali è decisamente sconsigliato nutrire i nostri animali domestici esclusivamente con i croccantini.

Non dobbiamo mai dimenticare che la salute è nel piatto e le nostre scelte in termini di alimentazione, stile di vita e attività fisica (epigenetica) influenzano la salute e la longevità dei nostri amici animali.

Ci si chiede, quindi, quali siano le migliori scelte alimentari da adottare per mantenere in salute i nostri cani e gatti, garantendogli una corretta idratazione e facendo sì che i loro pasti gli apportino tutto ciò di cui necessitano, soprattutto la giusta quota proteica.

La soluzione consigliata dai più è optare principalmente per cibi umidi di qualità e pressati a freddo senza additivi, oppure una alimentazione crudista o BARF che andrà in ogni caso ben bilanciata da un bravo nutrizionista esperto in alimentazione del cane.

Nel nostro allevamento utilizziamo da anni sui nostri Labrador adulti e sui cuccioli fino a 6 mesi solo alimentazione con umido di altissima qualità, nonostante la loro origine industriale, sono la migliore alimentazione pronta all’uso, poiché il loro processo produttivo è diverso rispetto a quello dei croccantini, prevedendo una singola cottura (pastorizzazione) di durata inferiore, che non raggiunge una temperatura eccessiva, massimo 37/40°C rispetto alle temperature di cottura delle crocchette estruse che arrivano anche a 200°C.

I croccantini, al contrario, subiscono una doppia cottura, sia durante la lavorazione delle materie prime impiegate sia durante il passaggio attraverso l’estrusore, che darà ai croccantini la loro forma tipica, fase in cui l’alta pressione e l’alta temperatura sono essenziali.

Questa sostanziale differenza fa sì che i mangimi umidi garantiscano un apporto proteico decisamente superiore rispetto ai mangimi secchi. Lo stesso discorso vale per il tasso di umidità ed è minore anche l’incidenza di patologie epatiche, renali e allergiche conseguenti al consumo delle scatolette.

Il famoso “pasto casalingo” sarebbe in ogni caso una delle soluzioni da preferire, soprattutto se ci si attiene a una formulazione bilanciata, che apporti tutti i nutrienti richiesti per il benessere dell’animale.

Occorre sempre diffidare da moltissimi manuali e ricettari presenti in commercio o, peggio, in rete, mentre è una decisione saggia affidarsi ai consigli dei professionisti della nutrizione animale o degli allevatori che abbiano le conoscenze corrette sulla migliore alimentazione del cane, che potranno indicarci alcune ricette sane ed equilibrate per cani e gatti.

Non bisogna, inoltre, lesinare sul pregio delle materie prime da utilizzare, che dovranno essere fresche e non di scarto. Allo stesso modo va presa in considerazione un’eventuale integrazione, da stabilire caso per caso, in base a ciò di cui necessita il nostro amico a quattro zampe.

È consigliabile, inoltre, valutare l’adozione della dieta BARF, scegliendo per il nostro animale delle carni non cotte, che possono essere acquistate fresche in macelleria, in forma liofilizzata o surgelata.

In ogni caso, nutrire i nostri animali con cibo sano, senza additivi e conservanti chimici porta un significativo miglioramento del loro stato di salute.

Referenze:
(1) https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9703
(2) http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:32006H0576
(3) http://europepmc.org/abstract/MED/26271706
(4) https://etd.adm.unipi.it/t/etd-09162011-152935/
(5) https://www.vetjournal.it/images/archive/pdf_riviste/3755.pdf